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Orchards

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Literature Text

Rating: Verde.
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico.
Coppie: Het.
Note: Nessuna.
Avvertimenti: Nessuno.

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9 gennaio 2015
Orchards

Erano giorni e giorni che Helen aveva messo gli occhi su quel ragazzo: era alto e dalla pelle abbronzata, aveva dei boccoli dorati che gli ricadevano morbidi sl collo, degli occhi che splendevano di un azzurro mare terribilmente bello e un sorriso che gli balenava sardonico sul viso ogni minuto.
Helen lavorava nelle cucine della villa, per cui lo vedeva solo quando usciva a prendere una boccata d’aria, fra il pranzo e la cena: era un aiutante nei frutteti, e ogni volta che lo vedeva ridere mentre sollevava un cesto di mele o di arance, scherzando con i suoi compagni, a Helen batteva forte il cuore.
Fu per questo che, quando le proposero di sostituire una damigella della figlia del suo capo lei non ne fu contenta ma anzi, era contrariata: non avrebbe più potuto vedere quel ragazzo biondo che rideva, e le si prospettavano lunghi giorni noiosi.
La ragazzina passava tutto il tempo su internet: Helen non aveva mai avuto un computer tutto suo, ma del resto non l’aveva mai desiderato; era cresciuta in una famiglia semplice e ciò che era sempre contato di più era il lavoro, la creatività, l’inventiva per andare avanti e poter vivere meglio. Solo di tanto in tanto uscivano a passeggiare in giardino, e la ragazzina pareva più annoiata che altro, non parlando di altro che di scarpe o serie tv o cartoni animati; Helen la trovava insopportabile, una vera tortura, ma tutto il suo mondo sembrò colorarsi quando in giardino, seduto su una panchina a contemplare gli spruzzi di una fontana, c’era proprio quel ragazzo.
«Astro!» esclamò la ragazzina, compiaciuta, e il ragazzo sorrise; Helen si sentì stringere lo stomaco, voleva praticamente cadergli ai piedi, ma mantenne un contegno serio e distaccato, quasi annoiato mentre osservava la petulante ragazzina che sbatteva le ciglia e faceva gli occhi dolci al ragazzo. E così si chiamava Astro.. gli diede un’occhiata di sfuggita e lo trovò insopportabilmente bello; arrossì e distolse di nuovo lo sguardo, fissandolo sulla fontana. Lui, invece, sembrava più interessato alla nuova venuta che alla ragazzina, così si schiarì la voce e, dopo aver ascoltato qualche altra parola della padroncina, suggerì:
«Avete cambiato damigella..?».
La ragazzina batté le palpebre e sorrise imbambolata, annuendo.
«Oh, sì, ehm, lei è Helen. Helen, lui è Astro».
La ragazza si voltò nuovamente verso di lui, che la stava sondando con i suoi occhi azzurro mare, e lasciò che le baciasse la mano come se fossero tornati indietro di qualche secolo; i suoi occhi verdi si accesero di curiosità mentre mormorava:
«È un nome curioso».
«I miei genitori mi hanno chiamato così perché dicevano che da piccolo splendevo» sorrise il ragazzo. «Helen è un bellissimo nome.. greco, mi pare».
«Sì. Vuol dire “colei che illumina”» confermò Helen, inclinando il capo di lato, divertita.
«A quanto pare siamo entrambi stelle» sorrise lui, e osservò i riflessi ramati nei suoi capelli neri, trovandoli ipnotizzanti almeno quanto gli occhi verdi della ragazza, poi si riscosse e sorrise ancora. «Spero di rivederti più spesso.. Helen».
La ragazza rabbrividì e annuì leggermente, sentendosi scombussolata.
«Sai, penso che tu gli piaccia» le disse poi la ragazzina, una volta ritornate nella sua stanza. «Se vuoi ti aiuto ad incontrarlo… insomma, potrei dare ad entrambi un po’ di tempo libero in più».
Helen aggrottò le sopracciglia, confusa.
«Non capisco.. pensavo voi foste interessata a lui, signorina».
«Nah» la giovane fece spallucce. «È solo un servo, un contadino come gli altri. Da grande sposerò un uomo importante, io».
Helen si sentì avvampare di rabbia, ma strinse i pugni e si limitò a sorridere cortesemente.
«Vi sarei lieta se poteste dare ad entrambi del tempo libero, signorina. Lei è davvero molto gentile e generosa» disse, profondamente grata per la concessione.
Come era stato detto, così fu fatto: ogni giorno Helen si recava nei giardini e lì trovava Astro; parlavano di qualsiasi cosa balzasse loro in mente, e quando si baciarono per la prima volta finirono per nascondersi nei frutteti, in pomeriggio inoltrato, per guardare le stelle.
«Sono bellissime, non trovi?» mormorò Helen, pigramente, e il sorriso bianco di Astro balenò nell’oscurità.
«Mai quanto te».
«Certo, certo» ridacchiò lei, e scosse il capo. «Ho l’impressione di non aver aspettato altro che di incontrarti, per tutta la vita».
«Sì, provo una sensazione simile anche io. Forse in un’altra epoca ci conoscevamo già.. chi può saperlo».
«Non credo in questo tipo di cose» sorrise lei, scettica, e sospirò. «Credo semplicemente che fosse destino».
«Credi nel destino ma non nella reincarnazione.. com’è strano e vario, il mondo» commentò lui, prendendola in giro. Helen fece una smorfia e Astro sorrise, baciandola ancora ed ancora.
Quando tornò nelle stanze della servitù, Helen sentiva il cuore in subbuglio, battergli in ritmo irregolare; si addormentò subito, una volta scivolata nel letto, ma in sogno continuavano ad arrivargli immagini sfocate e disturbate, incubi di un passato che non ricordava più.

«Non posso lasciarti qui. Morirai!».
«Lo sai, siamo già morti altre volte. Una volta in più o in meno non cambierà nulla… e tu devi andare, così che almeno tu possa ricordarti di cercarmi quando rinascerò» mormorò una voce maschile, baciandole la fronte. Due occhi azzurro mare la guardarono fisso, poi la voce esclamò «Vai!» e fu il buio su di lei.

Helen si rigirò nel letto, aggrottando la fronte, ma senza svegliarsi.

«Will.. svegliati. Mi riconosci? Sono io, sono Rafael. Will…».
«Chi.. Chi sei?».
«Will, alzati. Dobbiamo andarcene!».
«No, no.. non seguo uno sconosciuto».
Il ragazzo biondo esitò e lei lo guardò sospettoso, poi lo sguardo ansioso diventò più dolce.
«Sono tuo fratello. Dobbiamo andarcene! Lo so che non ti senti bene, che non ricordi nulla, ma se restiamo qua moriremo!».
La ragazza si alzò barcollando e si rese conto di essere nuda.
«Ho freddo..».
Il ragazzo le gettò addosso una coperta e lei si coprì impacciata, si sentiva intorpidita e malaticcia.
«Come ti chiami?».
«Rafael. E tu ti chiami Will. Ricordatelo. Tu ti chiami Will».
«Will» balbettò lei, e lui le diede un bacio. «Fratello?».
«Ehm.. sì. Sì. Andiamo».

«Sì, e poi mi baciavi».
«…tuo fratello» Astro sembrava divertito come al solito, ma Helen aveva i sudori freddi al solo riportare alla luce gli unici due sogni che ricordava di quella notte: riusciva a percepire che ve ne erano stati altri, di gran lunga più scioccanti e spaventosi, ma per quanto si sforzasse non riusciva a riportarli a galla, come se si fossero nascosti sul fondo di un lago e le sue dita riuscissero solo a sfiorare ciò che si nascondeva sotto la superficie.
«Sì, e non mi guardare in quel modo» esclamò lei, acida, e Astro scosse il capo: i riccioli biondi gli ondeggiarono sugli zigomi e afferrò una mela da un ramo basso, mordendola soprappensiero.
«Sai» disse, ingoiando un boccone e guardandola serio. «Anche io ho fatto dei sogni, stanotte.. però ce li ho da tipo una settimana» disse, guardando i filari di alberi da frutta che si estendevano a perdita d’occhio sotto la collina sulla quale si erano appartati.
«Davvero? E cosa sogni…?».
«Di una ragazza dagli occhi verdi che mi cresce come un figlio, e poi scopro che è immortale» ridacchiò il ragazzo, scuotendo il capo e dando un altro morso alla mela. «Ci crederesti? Secondo me sono coincidenze».
Helen tacque e Astro dovette accorgersi del suo silenzio, perché buttò il torsolo di mela dopo un paio di minuti e si chinò su di lei, lasciandola attonita a guardarlo con gli occhi spalancati.
«Non ci pensare, piccola… siamo insieme, è questo che conta. Siamo insieme».
Helen si sforzò di sorridere, ma le uscì una smorfia fatta male. Astro sorrise e si mise a cavalcioni su di lei, baciandola e infilano una mano sotto la maglietta, carezzandole il ventre e sfiorandolo con le dita, come per non farle male persino se la carezzava. Helen fece lo stesso, carezzandogli la schiena e baciandolo con foga, mentre intorno a loro i moscerini illuminati dal sole sembravano uno stormo di minuscole lucciole.
«Siamo insieme. Questo vuol dire che..».
«Che sono il tuo ragazzo. E tu sei la mia ragazza. Ci apparteniamo» mormorò lui, a fior di labbra, e con difficoltà si frugò in tasca con una mano, mentre continuava a baciarla. «Questa è per te.. l’ho comprata giù in paese» mormorò, sorridendo fra i baci. Helen si staccò da lui per qualche secondo: stringeva fra le mani una catenina che sembrava d’oro, priva di qualsiasi ornamento e ciondolo, ma a lei non aveva mai visto qualcosa di più bello.
«Per me?» mormorò, stupita, e lui sorrise facendogliela girare tre volte attorno al polso sinistro, dopodiché gliela allacciò.
«Sì, per te. Così ti potrai ricordare per sempre di me» mormorò, alzando gli occhi su quelli verdi di lei, e Helen batté le palpebre.
«Rafael, io…».
Astro batté le palpebre anche lui, sorpreso.
«Will…?».
I due giovani rimasero immobili, pietrificati dai ricordi che li stavano assalendo, dopodiché si guardarono freneticamente attorno e di nuovo i loro occhi si incontrarono, mettendosi a fuoco l’un l’altro.
«Will» mormorò Astro, il cuore che gli batteva forte dalla gioia. Helen sembrava ancora più commossa, e le stavano salendo le lacrime agli occhi.
«Rafael!» sussurrò con un verso strozzato, e gli balzò addosso, abbracciandolo e singhiozzando. «Mi sei mancato così tanto» mormorò, stringendolo così forte che il ragazzo si sentì mancare il fiato, e rise.
«Mi stai stritolando!» esclamò e, quando lei allentò la presa, la strinse forte a sé anche lui. «Anche tu mi sei mancata un casino» mormorò, sentendo salire lacrime di gioia.
E il sole calò sui frutteti che ancora si stavano abbracciando, e parlavano di quel passato che stavano ricostruendo insieme con i sussurri, come fosse stata una cosa così incredibile e segreta che nemmeno i grilli e le cicale potevano sentirla.
Ho visto questa challenge e non potevo non farla.

Giorno 9
9 gennaio 2015
"Orchards"
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